Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare l’esperienza di navigazione e per consentire ai navigatori di usufruire di tutti i servizi online. Per maggiori informazioni consulta l’informativa sulla privacy e sull’utilizzo dei cookie. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o continuando la navigazione in altro modo acconsenti all’uso dei cookie.

Un po’ di chimica degli inquinanti atmosferici parte 6

Nei precedenti contributi abbiamo trattato molteplici tipologie di sostanze chimiche di cui alcune sconosciute al grande pubblico che non fosse un addetto ai lavori. In questo contributo troveremo invece sostanze che, vuoi per la rilevanza sociale ai fini dell’inquinamento, vuoi per l’importanza della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, sono ampiamente citate dai media e dai social network.

 

I composti del silicio

Il silicio (Si) è un elemento chimico di estrema importanza industriale e biologica ed è la seconda materia più abbondante sulla crosta terrestre (26-27%), dopo l’ossigeno. In natura non si trova allo stato elementare, ma inglobato nei suoi vari tipi di composti (silice o diossido di silicio, SiO2 , alogenuri di silicio contenenti fluoro o cloro)

L’importanza strategica del silicio, di cui si discuterà più avanti, ha come nemesi la formazione di alcuni suoi composti nocivi per la salute umana e la qualità dell’aria degli ambienti confinanti, oltre che dell’aria ambiente e di altre matrici ambientali. Fra di essi ritroviamo alcuni minerali silicati (SiO4)4-, che danno origine all’asbesto, altrimenti conosciuto familiarmente come amianto.

 

l’asbesto (o amianto)

L’amianto o asbesto è un termine generico per definire un materiale costituito da fibre minerali molto sottili appartenenti ai silicati. La parola “amianto” deriva dal greco antico ἀμίαντος , in latino amiantus  avente il significato di “incorruttibile”; di pari passo invece “asbesto” nasce dai termini asbestos, in greco mutuato in ἄσβεστος, nell’accezione di “inestinguibile, non infiammabile”.

La normativa italiana esplicita chiaramente una classificazione dettagliata delle varie tipologie di amianto nell’art. 247 del D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (Testo unico sulla sicurezza del lavoro – TUSL), pertanto abbiamo:

  • l’actinolite d’amianto (Ca2(MgFe)5Si8O22(OH)2 – Silicato idrato di calcio e magnesio);
  • la grunerite d’amianto o amianto grigio, detta anche amosite dall’acronimo anglosassone “Asbestos Mines Of South Africa” ((FeMg)7Si8O22(OH)2 – Silicato di ferro e magnesio);
  • l’antofillite d’amianto (Mg7Si8O22(OH)2 – Silicato di magnesio e ferro);
  • la crocidolite, detta anche riebeckite fibrosa o amianto blu (Na2Fe2(FeMg)3Si8O22(OH)2 – Silicato idrato di ferro e sodio);
  •  la tremolite d’amianto (Ca2Mg5Si8O22(OH)2 – Silicato idrato di calcio e magnesio);
  • il crisotilo o amianto bianco (Mg3[Si2O5](OH)4 – Silicato idrato di magnesio).

Gli amianti possono essere suddivisi anche in due grandi famiglie: i serpentini (silicati di magnesio – Mg) a cui appartiene l’ultimo citato crisotilo; e gli anfiboli (silicati di ferro – Fe, magnesio – Mg, calcio – Ca  ed a volte alluminio – Al  e sodio – Na) di cui fanno parte invece i primi 5 menzionati nell’elenco.

La peculiarità degli amianti deriva dalla loro struttura interna, che li differenzia da altre materie di tipo fibroso come ad esempio le fibre minerali artificiali (man-made mineral fibres – MMMF).

Infatti, gli amianti si presentano in natura attraverso fasci di fibre lunghe, quest’ultime molto flessibili e separabili con estrema facilità l’una dall’altra in senso longitudinale, avendo possibilità così di produrre fasci più sottili, conservando allo stesso tempo l’originaria lunghezza ma con un diametro inferiore.

Le MMMF, come ad esempio la lana di vetro o di roccia, tendono invece a fratturarsi in senso trasversale, dando origine poi a fibre sì più corte ma aventi il calibro originario.

Le proprietà dei vari tipi d’amianto/asbesto sono molteplici e facilmente desumibili dall’etimologia spiegata sopra e non a caso in linea generale sono ignifughi e refrattari, nonché  resistenti ad abrasione ed all’usura.

In aggiunta possiedono caratteristiche tali da renderli relativamente stabili in presenza di agenti chimici e biologici, avendo inoltre peculiarità fonoassorbenti e di una buona resistenza elettrica.

Sono dunque minerali che si prestano ad essere annodati e sottoposti a processi di filatura, dimostrando una buona compatibilità con il cemento, le resine e le gomme ed in più possedendo un’apprezzata leggerezza e flessibilità.

Pertanto, complice pure la considerevole disponibilità in natura e relativi costi di estrazione di modesta entità, in passato sono stati ampiamente sfruttati commercialmente ed industrialmente, costituendo una risorsa strategica in ottica mondiale.

Tantissimi sono stati perciò gli usi e i prodotti a base dell’amianto, addirittura nell’ordine delle migliaia. Per semplicità citiamo dunque la sua importante funzione nel campo dell’edilizia, dove era maggiormente utilizzato; qui veniva sfruttato soprattutto per fabbricare manufatti di cemento-amianto (lastre piane e ondulate per coperture, lastre per rivestimenti esterni ed interni, pezzi per condotte, giunti, raccordi e incanalature per il drenaggio delle acque piovane, tubazioni destinate a lavorare a diverse pressioni o usate per il trasporto di acqua o per sistemi di irrigazione e drenaggi).

Da menzionare anche gli usi nel settore automobilistico nei materiali per elementi sottoposti ad attrito come bronzine, frizioni e freni.

La messa al bando dell’amianto e dei suoi derivati – in Italia dal 1992 in poi – parte dagli elevati rischi alla sua esposizione per la salute dei lavoratori (esposizione professionale) e dei consumatori, oltre che per il fortissimo impatto ambientale.

 

L’impatto sulla salute dell’uomo dell’amianto

Il Bel Paese era uno dei maggiori produttori ed importatori di amianto al mondo. Il maggior pericolo dell’asbesto è la penetrazione delle fibre che lo compongo – tramite inalazione – negli alveoli polmonari provocando alcune patologie fra cui menzioniamo il mesotelioma maligno.

Esso è un raro tumore delle cellule del mesotelio, una sottilissima membrana che riveste gli organi interni. Il mesotelio assume varie denominazioni a seconda della parte del corpo che ricopre: pleura nel torace, pericardio intorno al cuore, tunica vaginale relativamente ai testicoli e peritoneo nella zona addominale.

Ebbene, il mesotelioma da esposizione all’amianto può colpire tutte queste sedi, insieme ad altre malattie neoplastiche come il tumore ai polmoni , alla laringe, del tratto gastrointestinale ed all’ovaio. In aggiunta, le malattie cosiddette asbesto-correlate possono avere una natura non necessariamente tumorale, come ad esempio asbestosi e pleuropatie varie.

La latenza, ovvero il periodo che intercorre fra l’esposizione e l’insorgenza della malattia, è particolarmente lunga – addirittura decenni –  e per giunta non è identificabile una soglia di esposizione sotto il quale il rischio sia assente; rischio che è strettamente relazionato alle quantità di amianto inalate.

Come facilmente desumibile, la classe lavoratrice più colpita è sicuramente quella che ha avuto nel passato un contatto diretto con i derivati dell’asbesto, ovvero quella operante nella cantieristica navale,nell’edilizia e nell’industria del cemento-amianto. In misura minore invece i casi correlati all’esposizione in ambito residenziale e familiare.

L’amianto non emette gas tossici o radiazioni, ma trova nelle azioni delle fibre il principale problema. Infatti, la grande resistenza alle sostanze acide e alcaline consente a queste di permanere in maniera pressoché inalterata sull’epitelio polmonare degli alveoli, generando così fenomeni di biopersistenza che si protraggono per un tempo indefinito.

Le cellule del sistema immunitario poi, non riuscendo ad intaccarle in maniera efficace, inducono l’organismo umano ad una risposta di tipo infiammatorio che provocano lesioni ben conosciute.

La biopersistenza dell’asbesto nei polmoni è influenzata da alcune caratteristiche delle fibre stesse: dimensioni, forma, composizione chimica, estensione superficiale.

 

L’impatto ambientale dell’amianto

Strettamente correlato alle dinamiche appena descritte è l’inquinamento ambientale di tipo atmosferico che produce l’asbesto, ma anche del suolo e dei corpi idrici.

Le principali fonti di emissioni non sono più ormai i processi di lavorazione ed estrazione, ma le operazioni di rimozione, trasporto, stoccaggio e smaltimento che possono provocare una dispersione degli amianti; dunque i siti contaminati e le discariche (sia legali che abusive) sono i principali luoghi da attenzionare per la prevenzione dei fenomeni di contaminazione dell’aria, della terra e dell’acqua.

In aggiunta, il massiccio utilizzo dell’asbesto e dei suoi derivati nella comunità per decenni ha creato sorgenti di disseminazione delle fibre da parte dei manufatti contenenti amianto (MCA), i quali tendono a invecchiare ed a rilasciarle nell’ambiente (a discapito del nome commerciale del più famoso composto di fibrocemento, l’Eternit).

A tal proposito, è sempre utile distinguere fra amianto in matrice friabile (AMF) ed amianto in matrice compatta (AMC)

Il primo tipo riguarda prodotti, manufatti e applicazioni in cui le fibre di asbesto sono libere o debolmente legate, e quindi i materiali di cui sono composte possono essere facilmente sbriciolati o ridotti in polvere anche attraverso una lieve azione delle mani.

È ben comprensibile dunque l’enorme e facile pericolo di rilascio in libertà di costituenti fibrosi, con le ovvie conseguenze del caso circa il rischio d’esposizione.

Il secondo riguarda per l’appunto il cemento-amianto, in cui nei manufatti le fibre sono fortemente legate in una forma solida, compatta e dunque relativamente stabile. In questo caso, il rischio per la salute e l’ambiente è ridotto ai minimi termini fino a quando le opere sono inalterate e perciò in buono stato di conservazione.

Eventuali danneggiamenti ad opera dei fenomeni atmosferici nel lungo periodo, o manomissioni da parte umana possono però comunque – come comprensibile – riportare a galla il problema della dispersione delle fibre.

A seguito di tutte queste problematiche summenzionate, come noto in Italia con la legge 27 marzo 1992, n. 257 sono state dunque vietate l’estrazione, l’importazione,  l’esportazione,  la commercializzazione e  la  produzione  di  amianto,  di  prodotti  di amianto o di prodotti  contenenti  amianto.

Essa è una vera e propria legge-quadro capostipite dei vari provvedimenti legislativi successivi, costituite tutte per gli scopi di gestione ottimale del problema amianto e la salvaguardia della popolazione e degli ecosistemi.

Condividi su: