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Un po’ di chimica degli inquinanti atmosferici parte 2

Abbiamo introdotto con il precedente contributo varie tipologie di inquinanti atmosferici, alcuni più conosciuti, altri meno. Continuiamo in questa seconda parte.

 

Acidi alogenidrici

I composti alogenidrici sono acidi di tipo binario, ovvero formati da due costituenti idrogeno (H) ed un elemento chimico alogeno (già introdotti in precedenza). Rispettivamente abbiamo dunque l’acido fluoridrico (HF), l’acido cloridrico (HCl), l’acido bromidrico (HBr) ed infine l’acido iodidrico (HI).

I primi due sono ampiamente conosciuti anche al grande pubblico, ed in generale gli alogenidrici sono sostanze chimiche corrosive e tossiche per inalazione, oltre che altamente dannose per l’ambiente.

Le loro maggiori fonti di emissione come inquinanti atmosferici sono sicuramente i fumi industriali delle raffinerie, e stabilimenti produttivi vari come cementifici, fonderie ed acciaierie, industrie chimiche e petrolchimiche, centrali per la produzione di energia elettrica,impianti di trattamento rifiuti inceneritori e termovalorizzatori, impianti di produzione di biogas, di alluminio, di fertilizzanti, di pesticidi).

 

Altri composti organici alogenati

Nei meandri della chimica organica, come constatato in precedenza, sono presenti più tipi di composti alogenati. Oltre a quelli già analizzati, possiamo elencare altre sostanze chimiche fra cui ritroviamo il cloruro di metile (clorometano) CH3Cl; il cloruro di metilene (diclorometano) CH2Cl2 ; il cloroformio (triclorometano) CHCl3; Il tetracloruro di carbonio (tetraclorometano) CCl4  ; la trielina (1,1,2 – tricloroetilene) CCl2=CHCl; il cloruro di vinile (cloroetene) CH2=CHCl; il tetracloroetilene (1,1,2,2 – tetracloroetene) C2Cl4 ; il cloruro di etilene (1,2 – dicloroetano) C2H4Cl2; il bromuro di metile (bromometano) CH3Br; il tribromometano (bromoformio) CHBr3.

Anch’essi assumono un ruolo industriale di primaria importanza innanzitutto come intermedi di sintesi per altre merci, ed inoltre sono sostanze usate di frequente come solventi di estrazione e agenti refrigeranti, oppure nei processi di lavorazione dei materiali plastici e della gomma, ed anche nelle industrie di vernici, degli adesivi e della carta.

Le principali manifestazioni del loro potere inquinante e deleterio per la qualità dell’aria lo ritroviamo negli effetti sulla salute umana, che sono abbastanza importanti.

In linea generale, tutti i composti summenzionati presentano una tossicità più o meno elevata,che viene rilevata in particolar modo al livello neurologico, epatico, renale ed emopoietico. L’intossicazione può avvenire in due modi: o attraverso le vie respiratorie oppure per assorbimento cutaneo.

Nel breve termine, c’è la possibilità di rilevare irritazioni alle mucose ed agli occhi, con la probabilità di reazioni allergiche più o meno importanti. Si possono pertanto associare altri vari sintomi come cefalee, vertigini, nausea, lacrimazione oculare e disturbi della vista (fra cui la fotofobia), afonia, eczemi e prurito.

Nel lungo periodo invece i danni dell’esposizione sono ben più gravi: anemie, leucemie, tumori dermatologici ed alle mucose, ed in sostanza effetti ricondotti alla genotossicità.

Alla lista di sopra è possibile aggiungere inoltre composti di tipo aromatico fra cui spiccano il clorobenzene (benzene cloruro) C6H5Cl, il o – diclorobenzene (1,2 – diclorobenzene) C6H4Cl2; il p -diclorobenzene (1,4 – diclorobenzene) C6H4Cl2.

 

I composti dell’azoto

La qualità dell’aria è influenzata anche dalla presenza di vari composti dell’azoto, del carbonio e dello zolfo.

Fra i principali responsabili dell’inquinamento atmosferico troviamo gli ossidi di azoto (NOx) fra cui si distinguono principalmente l’ossido di azoto NO ed il biossido di azoto NO2.

Inoltre, menzioniamo altri composti di preminente importanza per il monitoraggio ambientale dell’aria fra cui troviamo ossido di diazoto (protossido di azoto) N2O; Triossido di azoto (Anidride nitrosa) N2O3; Tetrossido di diazoto (Ipoazotide) N2O4; Pentossido di diazoto (Anidride nitrica) N2O5.

Da citare inoltre in tal senso l’acido nitrico HNO3 , l’acido nitroso HNO2 ed i nitrati NO3 , nitriti NO2 , ed ammonio NH4 .

L’industria dell’azoto poi, o dei composti azotati, fornisce di per sé poche sostanze chimiche in numero, fra cui ritroviamo l’ ammoniaca NH3, strettamente correlata con la produzione di calciocianamide e urea.

Anche l’ammoniaca, come si vedrà inseguito, nella sua importanza economica e strategica contribuisce nell’impatto ambientale sotto il profilo dell’inquinamento.

 

Le sostanze per- e poli fluoroalchiliche (PFAS)

I PFAS sono sostanze chimiche il cui interesse è cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni, tanto da essere considerate dall’ECHA ed in generale dall’Unione Europea uno dei temi scientifici critici nella loro legislazione.

I composti per – e poli fluoroalchilici sono un insieme di circa 10.000 sostanze costituite da legami chimici carbonio-fluoro, i più forti esistenti nella chimica organica. Per questa peculiarità sono difficilmente degradabili sia quando usate per la produzione industriale, sia quando immesse nell’ambiente.

I PFAS possono presentarsi in più fasi, ed essere dunque dei gas, dei liquidi o solidi come polimeri ad alto peso molecolare. Una distinzione di massima li classificherebbe in base alla lunghezza della loro “catena molecolare”, o corta o lunga, ma potrebbero applicarsi altri criteri sistematici.

La loro presenza è stata riscontrata infatti oltre che nell’aria, anche nel suolo, nelle falde acquifere  e nelle acque superficiali. Pertanto, gli essere umani sono esposti ai PFAS tramite ingestione di acqua potabile o cibi contaminati, oppure per inalazione; sono facilmente trasportabili negli ecosistemi e perciò possono coprire lunghissime distanze, addirittura la loro presenza è stata riscontrata nei ghiacci dei poli.

I PFAS sono utilizzati a livello industriale per le loro particolarità di essere stabili a livello chimico e termico, nonché impermeabili all’acqua (idrorepellenti) ed ai grassi (oleorepellenti).

Pertanto, alcuni dei principali settori industriali che utilizzano i PFAS sono l’aerospaziale e la difesa, il comparto automobilistico e dell’aviazione, come materiali a contatto con gli alimenti (imballaggi) ed in generale nella trasformazione alimentare, nel settore tessile, del cuoio e dell’abbigliamento, nella produzione di prodotti per l’edilizia, per la casa e per prodotti medicali/farmaceutici, nell’industria elettronica (come rivestimento antipolvere) e nei processi di cromatura.

Più dettagliatamente, vengono usati anche nella fabbricazione di vernici, pitture e cosmetici, di schiume antincendio e di fluoropolimeri (ad esempio il politetrafluoroetilene – PTFE: “Teflon”).

Queste caratteristiche descritte hanno però un contrappasso non indifferente, poiché i PFAS sono in grado di accumularsi nell’organismo umano e animale, come pure nelle piante. Alcune tipologie di PFAS sono tossiche per la riproduzione e danneggiare lo sviluppo del feto, ed in aggiunta aver effetti cancerogeni e di interferenza con il sistema endocrino.

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