L’acqua come arché
Come già accennato in precedenza, l’acqua è uno dei 4 elementi primari, uno degli arché (insieme alla terra, al fuoco ed all’aria) su cui moltissime popolazioni del passano hanno incentrato i propri sistemi filosofici, scientifici e di visione del mondo.
Talete di Mileto (Mileto, forse 624 o 623 a.C. – morto tra il 548 ed il 545 a.C. ), astronomo, matematico, fisico, uomo politico e filosofo fondatore della scuola ionica di Mileto viene descritto da Aristotele (384-332 a.C.) come l’iniziatore della ricerca del “principio” (ἀρχή) da cui successivamente si sarebbero generate tutte le cose.
Ed è proprio sull’elemento acqua che si basa la dottrina di Talete, ed effettivamente nelle parole dello Stagirita lo riscontriamo:
“Talete dice che il principio è l’acqua, perciò anche sosteneva che la terra galleggia sopra l’acqua. Forse si è formato questa opinione vedendo che il nutrimento d’ogni cosa è umido e che persino il caldo si genera e vive nell’umido; ora, in tutti i casi, ciò da cui una cosa deriva è anche il suo principio. Per questa ragione Talete si appigliò a tale congettura; ed anche perché i semi di tutte le cose hanno una natura umida: ora l’acqua è il principio della natura delle cose umide.” (Metafisica,I, 983b; framm. 12 Diels – Kranz)
Talete dunque viene spesso indicato come il primo “filosofo”, dizione in cui si ricomprendono anche i primi “indagatori” delle scienze naturali, matematiche ed astronomiche. Aristotele, nel continuare la trattazione, commenta pure che il pensiero appena esposto non è una novità, ma trae origini lontane.
Non a caso infatti, possiamo citare a tal proposito altri due eminenti figure come Omero (anche se su di esso è incentrata la cosiddetta “questione omerica” in filologia moderna: è esistito davvero?) ed Esiodo, i quali narrano rispettivamente nell’Iliade e nella Teogonia i miti di Oceano e di sua sorella Teti, i primi Titani che crearono tutte le acque del mondo. Le Oceanine, loro 41 figlie, sono invece le personificazioni delle fonti e delle sorgenti.
Fin qui, nei nostri contributi, abbiamo menzionato diverse figure della mitologia, della filosofia e della letteratura antica occidentale; ciò non deve trarre in inganno, perché anche altre popolazioni e religioni del resto del mondo hanno fornito importanza primaria all’acqua (fra i molti: il sikhismo,l’induismo, lo shintoismo, il buddhismo ed il confucianesimo)
Riprendiamo un passo dell’opera del filosofo tedesco Hans Blumenberg (Lubecca 1920 – Altenberge, Vestfalia, 1996) Naufragio con spettatore, introdotta nell’edizione italiana da un saggio di Remo Bodei:
“Dei quattro elementi tradizionali all’uomo è concessa, senza scatenare l’invidia degli dei, solo la terra. L’acqua, l’aria e il fuoco gli sono preclusi, o vengono conquistati – come mostrano i miti di Dedalo e Prometeo – a prezzo della trasgressione di un divieto mitico”.
È ben comprensibile, leggendo anche nel complesso il sistema filosofico dell’autore, che la metafora proposta va ben oltre ad essere una mera figura retorica, ma funge da “chiave di volta” per l’interpretazione del mondo usata da moltissime culture.
Dunque l’acqua come metafora è indissolubilmente legata all’uomo ed alla sua psiche. Abbiamo menzionato alcune religioni, ed a tale scopo possiamo denotare il primario ruolo dell’acqua anche in testi sacri a noi vicini culturalmente come la Bibbia:
In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. […] Dio disse: “Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque”. Dio fece il firmamento e separò le acque, che sono sotto il firmamento, dalle acque, che son sopra il firmamento. E così avvenne. Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno. Dio disse: “Le acque che sono sotto il cielo, si raccolgano in un solo luogo e appaia l’asciutto”. E così avvenne. Dio chiamò l’asciutto terra e la massa delle acque mare. Genesi (1, 1-10)
Questo schema è molto simile alle prime cosmogonie (miti o dottrine che hanno per oggetto la formazione dell’Universo) di derivazione mesopotamica. Non a caso, il termine Mesopotamia lo conosciamo fin dalle elementari come μέσος-, mésos-, “centrale”, “che sta in mezzo”, e ποταμός, potamós, “fiume” : “terra in mezzo ai fiumi”.
Dunque la terra asciutta nasceva dagli abbondanti straripamenti del Tigri e dell’Eufrate, fil rouge ripreso anche nella descrizione della topografia del giardino dell’Eden, dove l’acqua non viene esplicitamente creata, ma è più che altro una materia primordiale permeata dallo Spirito di Dio.
Effettivamente, nel narrare la rappresentazione di questo luogo, la Genesi parte dall’idrografia ovvero in senso stretto l’aspetto che una regione presenta con riguardo alla distribuzione delle acque marittime e superficiali):
Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre intorno a tutto il paese di Avìla, dove c’è l’oro, e l’oro di quella terra è fine; qui c’è anche la resina odorosa e la pietra d’ònice. Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre intorno a tutto il paese d’Etiopia. Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre ad oriente di Assur. Il quarto fiume è l’Eufrate. Genesi (2,10 -14)
Le opere idrauliche e la trasformazione dell’ambiente
L’approccio filosofico – letterario che abbiamo fornito al lettore vuol definire ed esplicare anche gli importanti valori che la specie umana ha assegnato sia all’elemento “acqua”, sia ai fattori correlati ad essa.
Non a caso infatti, sempre fin dall’antichità l’uomo ha valorizzato e compiuto innumerevoli sforzi intellettuali, manuali ed economici – per progettare e costruire tantissime tipologie di opere idrauliche per la captazione, il trasporto, lo stoccaggio e la distribuzione delle acque stesse.
Questa virtù attribuita ai manufatti come acquedotti, fognature, pozzi, cisterne ed altri, è efficacemente spiegabile tramite una semplice constatazione: negli Stati con carenza di infrastrutture per la gestione dell’acqua, lo sviluppo socioeconomico risulta limitato.
D’altro canto comunque, le enormi trasformazioni sociali avvenute nei secoli hanno portato a non sempre positive conseguenze sul rapporto fra uomo – acqua ed il relativo binomio natura – infrastrutture idriche.
Infatti, se nel passato l’utilizzo dell’acqua era ponderato sui consumi reali ed a necessità di gran numero inferiori rispetto ad oggi, attualmente sorgono sempre di più frequente lati oscuri come lo spreco delle risorse idriche e soprattutto l’impatto sull’ambiente delle costruzioni idrauliche, con numerose variazioni al paesaggio naturale.
In quest’ultimo caso effettivamente, fra le molteplici criticità delle opere idrauliche ritroviamo ad esempio:
- cambiamenti d’uso e del clima del territorio in corrispondenza degli invasi;
- paesaggio fluviale stravolto dalle adduzioni (cioè i prelievi convogliati verso i serbatoi);
- variazioni del trasporto solido dei fiumi, aumento del potere erosivo, riduzione del trasporto alla foce; erosione generalizzata della linea di costa;
- transizione da agricoltura parsimoniosa ad agricoltura ad alta richiesta e consumo d’acqua;
- rilascio in destinazioni inappropriate di reflui a livello variabile di trattamento depurativo e dunque dispersione nell’ambiente, per lo più marino, di acque reflue di scarsa qualità o peggio non trattate.
Sono molto chiare pertanto le tantissime declinazioni che possono prendere i dibattiti pubblici circa l’intera catena del valore dei sistemi di distribuzione idrica, sulle varie tipologie di costo affrontati (sociali, ambientali ed economici) e sulla convenienza dei loro possibili benefici, oltre che agli aspetti ecologici, sanitari etc.
I Water Safety Plans
Proprio per ottimizzare al meglio i procedimenti della filiera idrica, nel 2004 l’OMS – WHO (Organizzazione mondiale della sanità – World Health Organization) ha introdotto il concetto di Water Safety Plans (WSP) o Piani di sicurezza dell’Acqua (PSA).
I PSA sono una metodologia proattiva e globale di risk assessment (valutazione del rischio) e risk management (gestione del rischio) per contribuire a garantire la sicurezza dell’acqua potabile, attraverso misure di controllo integrate, estese a tutta la filiera idro-potabile, dall’ambiente di captazione, al trattamento e alla distribuzione fino all’utente finale.
Pertanto si configurano nell’insieme come un processo ampiamente riconosciuto come metodo più affidabile per gestire l’approvvigionamento di acqua potabile ai fini di protezione della salute pubblica.
Per questo motivo viene sviluppato in ottica sistemica e complementare con il Sanitation Safety Planning o Piani di sicurezza igienico-sanitari (SSP), definito a sua volta come uno strumento di gestione , basato sul rischio, dei sistemi igienico-sanitari che aiuta per l’appunto i gestori dei servizi igienico-sanitari a valutare e dare priorità ai rischi per la salute pubblica lungo l’intera catena igienico-sanitaria.
Quest’ultimo aspetto è comunque principalmente devoluto nel punto di vista della depurazione e del riuso delle acque.
Continuando, è possibile constatare che un’efficace attuazione della pianificazione della sicurezza dell’acqua può contribuire a garantire che gli utenti ricevano acqua potabile sicura e accettabile in quantità sufficiente. Questo obiettivo viene raggiunto attraverso:
- la comprensione dell’intero approvvigionamento idrico;
- l’identificazione di dove e come potrebbero sorgere dei problemi;
- l’attenzione inizialmente ai rischi prioritari, mettendo in atto barriere e sistemi di gestione per affrontare in modo proattivo questi rischi;
- la certezza che tutte le parti del sistema continuino a funzionare in maniera efficace;
- il coinvolgimento attivo da parte dei portatori di interessi (stakeholder) interessati alla fornitura di acqua potabile.
Il criterio portato avanti nella gestione del rischio in questo ambito è del tipo “a barriere multiple”. Pertanto, se una “barriera”, o misura di controllo fallisce, altre barriere dovrebbero contribuire a garantire la sicurezza dell’acqua potabile.
Questa pianificazione viene espletata seguendo principalmente 5 fasi fondamentali a cui vengono integrati 10 step da seguire, generando a sua volta un continuo ciclo di miglioramento dei processi e dei metodi.
Comunque sia, in prima battuta un PSA focalizza la sua attenzione su considerazioni abbastanza coincise ma importanti, cioè: Quali sono i rischi prioritari? Come possiamo gestire al meglio i rischi? Come possiamo confermare l’efficacia continua dell’approccio alla gestione del rischio?
Dettagliando maggiormente spieghiamo la applicazione corretta di questi passi:
- Fase di Preparazione: (1) costituzione del gruppo di lavoro che coordinerà il WSP;
- Valutazione del sistema di distribuzione idrica: (2) descrizione del funzionamento del sistema – (3) identificazione dei pericoli e degli eventi pericolosi – (4) convalida delle misure di controllo e della valutazione dei rischi – (5) pianificazione del miglioramento;
- Monitoraggio: (6) osservazione delle misure di controllo – (7) verifica dell’efficacia della pianificazione di sicurezza idrica (ovvero del PSA stesso);
- Management e comunicazione: (8) rafforzare le procedure di gestione (sia in condizioni normali che anomale d’utilizzo) – (9) consolidare i piani di supporto all’attuazione ed all’implementazione del PSA;
- Check-up del WSP: (10) revisionare e perfezionare nel corso del tempo il PSA sulla base delle esperienze acquisite.
È comprensibile, leggendo lo schema appena menzionato, che la filosofia del WSP viene trasmessa sotto il punto di vista di “cruscotto”, “plancia di comando” su cui impostare tutta la strategia di gestione della materia acqua. In quest’ottica, in cui ovviamente la parte del leone la fanno i dati e la loro interpretazione, tutto ciò in prospettiva della tematica non solo relativa alla quantità, ma anche alla qualità dell’acqua stessa.
L’intreccio su più piani di lettura è evidente: diritto all’acqua, politiche dell’acqua e soprattutto il rapporto con l’ecologia e relativi concetti; qui ne menzioniamo a tal proposito solo alcuni come acqua virtuale e impronta idrica (water footprint).
Nell’ordinamento europeo i PSA sono stati introdotti dalla Direttiva (UE) 2015/ 1787 e poi trasposti nella legislazione italiana tramite il Decreto del Ministero della Salute (di concerto con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare) del 14 giugno 2017, nel solco di una riforma e di una rifusione della normativa continentale in materia di controllo e analisi delle acque destinate al consumo umano, che tuttora al momento continua, come analizzeremo.
Bibliografia ed approfondimenti
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- Giulio Giannelli, Oceano e Oceanidi, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1935.
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- SOSTENIBILITÀ E CONTROLLO AMBIENTALE n° 2 aprile 2019, Anno X, Rivista dell’ Agenzia regionale prevenzione, ambiente ed energia dell’Emilia-Romagna .