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Fuoco e fiamme

S’i’ fosse foco, ardereï ‘l mondo;

s’i’ fosse vento, lo tempestarei; s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei; […]

 

Se io fossi fuoco, brucerei il mondo; 

se fossi vento, lo tempesterei; se fossi acqua lo farei annegare; […]

 

Con questo celebre incipit preso dalle Rime del poeta toscano Cecco Angiolieri (nato a Siena prima del 1260, morto probabilmente tra il 1311 e il 1313), possiamo notare un chiarissimo riferimento agli elementi naturali fuoco, aria, acqua, incastonati in uno dei più rappresentativi esempi di poesia comico-realistica del Duecento, in netta contrapposizione con la corrente dominante del Dolce stil novo di Dante, Petrarca, Guido Cavalcanti.

Gli intenti dell’Angiolieri comunque non sono quelli di celebrare la Natura; ma al contrario, i toni dissacratori e provocatori presenti in questo suo sonetto sono rivolti dal “personaggio letterario  Cecco” nei confronti del destino e del padre avaro, al quale augura la morte. Il genitore infatti è “reo” di non finanziare le avventure amorose del figlio, che dunque non può sperare nell’amore della figlia del cuoiaio, Becchina.

D’altro canto invece, e compiendo un salto indietro fino alle origini della filosofia greca, troviamo nella costante ricerca dell’archè – filo conduttore che già abbiamo analizzato in altri contributi – di molti esponenti della scuola ionica anche Eraclito di Efeso (6º-5º sec. a. C.).

Detto “il tenebroso” o “l’oscuro” (skoteinós) a causa dello stile spesso non molto scorrevole dei suoi aforismi, Eraclito dapprima riconosce l’incessante divenire di tutte le cose:

“Non è possibile discendere due volte nello stesso fiume né toccare due volte una sostanza mortale nello stesso stato; per la velocità del movimento, tutto si disperde e si ricompone di nuovo, tutto viene e va”

(frammento 91, Diels)

La sostanza che spiega lo status appena descritto è riconosciuta nel fuoco, principio del mondo attivo, intelligente e creatore:

questo mondo, che è lo stesso per tutti, nessuno degli dèi o degli uomini l’ha creato, ma fu sempre, è e sarà fuoco eternamente vivo che con ordine regolare si accende e con ordine regolare di spegne”

(frammento 30, Diels)”

Continuando poi, si esprime pure questa menzione;

“Col fuoco si scambiano tutte le cose e il fuoco si scambia con tutte, come l’oro si scambia con le merci e le merci con l’oro”

(frammento 90, Diels)

Pertanto il mutamento viene configurato come un’uscita dal fuoco o un ritorno al fuoco. Concetto in un certo senso ripreso e rielaborato – con alcune peculiarità –  dagli Stoici e dai Pitagorici, che nella loro fisica includono il fondamento dell’ecpiròsi.

La voce deriva dal greco antico ἐκπύρωσις, ekpýrosis, scomponibile da ek “fuori” più pýros, “fuoco”, cioè “[uscito] fuori dal fuoco”,  ovvero la conflagrazione universale, detta anche il “grande incendio”, con cui si conclude un ciclo cosmico (grande anno), dopo il quale la vita dell’universo ricomincia ripetendosi in necessari cicli identici che si riproducono infinite volte con gli stessi caratteri e nelle stesse forme (eterno ritorno).

Il fuoco artigiano (πὺρ τεχνικόν) diventa così una forza produttiva ed una ragione ordinatrice del mondo, origine del mondo stesso e al contempo suo strumento di distruzione. Ciclicamente dunque il fuoco si rende responsabile dell’apocatastasi, (sempre dal greco apokatástasis, “ristabilimento”) ovvero distruzione e ricostituzione.

La digressione appena esposta è funzionale agli argomenti relativi al fuoco che esporremo , ed in aggiunta dimostra quanta considerazione, valorizzazione e rispetto abbia avuto questo processo chimico-fisico nella storia dell’umanità.

Effettivamente parlando del fuoco e della lotta all’incendio non ci troviamo di fronte solo a norme tecniche ed alle leggi fisiche della termodinamica, ma anche ad una vastissima produzione umanistica che tocca la letteratura, l’arte, la filosofia, la mitologia e la tradizione presenti in ogni cultura umana passata e presente.

Il fuoco infatti ha accompagnato l’uomo fin dalle sue origini, ed è interessante studiare la domesticazione del fuoco come uno dei più importanti processo evolutivi della civiltà umana, insieme alla nascita dell’agricoltura ed all’allevamento del bestiame, nonché allo sviluppo della produzione industriale su larga scala.

Ovviamente il controllo del fuoco, così come gli altri menzionati “motori” dello sviluppo umano, sono frutto di un processo lento e graduale, iniziato indicativamente – a seconda delle fonti prese a riferimento – fra  1,4 milioni e 400.000 anni fa, anche se in verità ci sono delle ipotesi che estendono questo range fra i 2 millioni e 125.000 mila anni fa, con alcune incertezze.

Alcuni importanti prerequisiti fondamentali per sviluppare la capacità di dominio del fuoco furono l’acquisizione della postura eretta e della locomozione bipede, accompagnate inoltre sia da una notevole versatilità nell’uso della mano, sia da una capacità abbastanza sviluppata di comunicazione e di pensiero.

Secondo il sociologo Johan Goudsblom (1932-2020), se l’Uomo non avesse posseduto queste peculiari qualità, difficilmente avrebbe potuto approcciarsi verso la domesticazione del fuoco, e la novità insita di questo progresso è data dal fatto che esso fu il primo esempio di ‘controllo’ e di ‘incorporamento’ nella società umana di una forza non umana.

 

Fuoco e mito

Contrariamente ai fatti reali, nella mitologia spesso la narrazione su come gli uomini siano riusciti ad usare il fuoco è basata sul tòpos (“luogo comune”) di una “conquista” proveniente da una singola esperienza avventurosa, attuata delle volte con l’inganno o l’astuzia.

Effettivamente, grande parte dei miti inerenti il fuoco esplicano che dapprima questo elemento era di esclusivo possesso degli dei, che successivamente in un secondo momento lo donarono agli uomini.

Altre trame invece affermano che gli dei stessi furono oggetto del furto del fuoco da parte di un animale, il quale a sua volta lo diede all’uomo. Ancora, ulteriori canovacci suggeriscono sempre il furto delle fiamme ad opera di un eroe avente natura semidivina, come ad esempio Prometeo.

È ben comprensibile come tutto ciò dia contezza dell’importanza attribuita all’uomo a quello che i Romani chiamavano ignis. Il fuoco perciò diventa nei miti un prezioso elemento, un bene unico nel suo genere che separa l’uomo dal mondo animale.

A dar man forte a questa tradizione, possiamo ricordare molti miti che citano popolazioni che non possedevano il fuoco e pertanto erano costrette a vivere in modo simile agli animali, poiché non avevano la possibilità di far cuocere le pietanze.

Ovviamente qui si entra nella mistificazione, poiché come detto in precedenza il fuoco è stato un elemento centrale nella storia umana. In ultima battuta, è possibile considerare la concezione di strumento purificatorio del fuoco, ma anche come potenza distruttiva da temere e venerare.

Il mito di Prometeo e la sicurezza antincendio

Prometeo è un famoso personaggio della mitologia greca,  narrato nell’antichità da 3 giganti come Eschilo nella tragedia ad egli attribuita Prometeo incatenato (unico superstite di una trilogia composta anche dai perduti Prometeo liberato e Prometeo portatore di fuoco, giunti a noi in pochi frammenti), Esiodo nella sua Teogonia e Platone nel Protagora.

Riassumendo in generale dalle fonti pervenute, egli era un Titano figlio di Giapeto e di Temide (o forse di Climene, figlia di Oceano). È importante sottolineare comunque sia la sua contrapposizione con il padre degli dèi, Zeus. Questi era molto irato con il genere umano, ed aveva deciso di privarlo del fuoco, affamandolo.

Dopo alcune peripezie, Prometeo aiutò gli uomini rubando di nascosto dall’Olimpo una brace ardente nascosta in una pianta di finocchio. Inoltre, insegnò agli uomini varie arti e mestieri fra cui la metallurgia, togliendo loro allo stesso tempo la capacità di prevedere il futuro, pensando che ciò avrebbe infranto le loro speranze ed i loro sogni.

Non finisce qui, e scesa la notte Zeus vide la Terra costellata da migliaia di luci accese; preso dalla rabbia richiamò ai propri ordini i servi Crato e Bia, che insieme ad Efesto catturarono Prometeo e per punizione lo incatenarono in cima al monte Caucaso, lontano da genere umano, mandandogli un avvoltoio che ogni giorno gli divorava il fegato.

Il supplizio non aveva subito fine perché essendo Prometeo un essere immortale, il suo fegato ricresceva durante la notte.

Riportiamo per completezza un piccolo stralcio del citato Protagora platonico, che riflette un punto di vista simile:

“Il genere umano era rimasto dunque senza mezzi e [Epimeteo, n.d.T.] non sapeva cosa fare. Mentre era in difficoltà, arriva Prometeo per controllare la distribuzione e vede gli altri esseri viventi forniti di tutto il necessario, mentre l’uomo era sia nudo sia scalzo sia privo di giaciglio sia privo di armi. Intanto era ormai giunto il giorno fatale, in cui anche l’uomo doveva venire alla luce. Allora Prometeo, non sapendo quale mezzo di salvezza procurare all’uomo, ruba a Efesto e ad Atena la perizia tecnica, insieme al fuoco – infatti era impossibile per chiunque ottenerla o usarla senza fuoco – e li dona all’uomo. L’uomo ebbe in tal modo la perizia tecnica necessaria per la vita, ma non la virtù politica, [322] che si trovava presso Zeus. A Prometeo non era più possibile accedere all’Acropoli, la dimora di Zeus, protetta da temibili guardie.”

Dunque , a questo punto, la narrazione entra nel vivo;

“Entra allora di nascosto nella casa comune di Atena ed Efesto, dove i due lavoravano insieme. Rubando quindi la scienza del fuoco di Efesto e la perizia tecnica di Atena, le dona all’uomo. Da questo dono deriva all’uomo abbondanza di risorse per la vita, ma, come si narra, in seguito la pena per il furto colpì Prometeo, per colpa di Epimeteo. Dopo che l’uomo era diventato partecipe della sorte divina, in primo luogo, per la parentela con gli dei, unico fra gli esseri viventi, cominciò a credere in loro e cominciava a innalzare altari e statue di dei. Poi, subito, attraverso la tecnica, articolò la voce con parole e inventò case, vestiti, calzari, giacigli e l’agricoltura.”

 

Per chiudere la narrazione di questo mito, e ricollegarlo idealmente e romanticamente a ciò che il fuoco rappresenta per la società contemporanea, è possibile compiere un “volo pindarico” intellettuale e analizzare l’etimologia della parola “Prometeo”.

Esso deriva dalla lingua greca antica da Προμηθεύς, Promethéus, traducibile in “colui che riflette prima”, “saper prevedere” trasmesso poi nel latino: Prometheus.

Questo epiteto è in netto contrasto con quello di uno dei sui fratelli nominato nel brano presentato poc’anzi, Epimeteo da ἐπιμανϑάνω, Epimetheús che è reso pertanto come “colui che riflette dopo”,rendersi conto dopo : una figura che non brillava certo per scaltrezza ed intelligenza.

Dunque queste etimologie, sia di Prometeo e perché no anche quella Epimeteo in un certo senso, evocano nella mente le concezioni di prevenzione ex ante e di valutazione ex post nel panorama della sicurezza antincendio ed in generale sugli argomenti di salute e sicurezza.

Il caposaldo legislativo in tal senso è dato dal deus ex machina D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 in “materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.

Collegato ai dettami costituzionali che mettono al centro il lavoratore e l’integrità psicofisica della persona, nonché la tutela dell’ambiente che lo circonda, il legislatore nazionale ha intrapreso con questo dispositivo specifiche linee d’intervento riassumibili per sommi capi nei argomenti correlati qui sotto:

  • al monitoraggio dei rischi nonché all’attuazione di azioni volte alla riduzione degli stessi;
  • agli interventi sugli impianti, sui metodi di lavorazione, sulle materie prime o comunque sulle materie da lavorare;
  • alla protezione individuale o collettiva dei lavoratori;
  • alle procedure di informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori.

Ovviamente, tutto questo è indissolubilmente legato anche, fra i tantissimi aspetti, con la prevenzione antincendio di nostro interesse, più approfonditamente analizzata nel Decreto del Ministero dell’Interno 3 agosto 2015, concernente l’“Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.” , colloquialmente denominato per l’appunto Codice di Prevenzione Incendi.

Di preminente aspetto è proprio la definizione di “Prevenzione incendi” contenuta nel suo Allegato I che riportiamo precisamente come:

“funzione preminente di interesse pubblico diretta a conseguire, secondo criteri uniformi sul territorio italiano, gli obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell’ambiente attraverso la promozione, lo studio, la predisposizione e la sperimentazione di norme, misure, provvedimenti, accorgimenti e modi di azione intesi ad evitare l’insorgenza di un incendio e degli eventi ad esso comunque connessi o a limitarne le conseguenze.”

Svilupperemo ulteriormente, in altri contributi, questo campo che presuppone innanzitutto l’adozione di una visione sistemica del complesso quadro tecnico e giuridico creatosi al contorno.

 

Bibliografia ed approfondimenti

 

  • Mario Marti, voce Angiolieri, Cecco , in Enciclopedia Dantesca, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1970.
  • A.A. V.V., voce Angiolieri, Cecco, in Enciclopedia on line, Istituto dell’Enciclopedia Italiana.
  • Rime di Cecco Angiolieri, sonetto LXXXVI, a cura di G. Cavalli, BUR, Milano 1979.
  •  S’i’ fosse foco, di Cecco Angiolieri, brano scelto, parafrasato, commentato e con note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli,  Istituto dell’Enciclopedia Italiana, url:  https://www.treccani.it/magazine/strumenti/una_poesia_al_giorno/01_15_Angiolieri_Cecco.html .
  • La letteratura italiana, Vol. 1 – Le origini ed il Duecento, Novara, De Agostini Editore S.p.a., 2005.
  • Giuseppe Ledda, La poesia comica e satirica, la parodia,  in Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 2014.
  • Abbagnano Nicola, Storia della filosofia. Volume I – il pensiero greco e cristiano: dai Presocratici alla scuola di Chartres, Novara, Istituto Geografico De Agostini s.p.a., 2006.
  • A.A. V.V., voce Eràclito di Efeso, in Enciclopedia on line, Istituto dell’Enciclopedia Italiana.
  • A.A. V.V., Dizionario di filosofia – Gli autori, le correnti, i concetti, le opere, BUR – Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, RCS Rizzoli S.p.a. , edizione digitale 2014.
  • Johan Goudsblom, Fuoco, in Enciclopedia delle scienze sociali, Istituto dell’Enciclopedia Italiana , 1994.
  • Federico Condello,voce Eraclito , in Enciclopedia dell’antico a cura di Franco Montanari, in mondadorieducation.it , Mondadori Education S.p.a – Gruppo Mondadori, url: https://www.mondadorieducation.it/risorse/media/secondaria_secondo/greco/enciclopedia_antico/lemmi/eraclito.html
  • A.A. V.V., voce Prometeo, in Enciclopedia on line, Istituto dell’Enciclopedia Italiana.
  • Viccei, Raffaella. (2020). Fuoco e fango. Il mito di Prometeo nella documentazione archeologica greca e romana, in Maria Pia Pattoni (a cura di), Prometeo: percorso di un mito tra antichi e moderni, Aevum antiquum N.S. 12-13 (2012-13), pp. 217-272.
  • Michael Grant, John Hazel, Dizionario della Mitologia Classica, 1979.
  • Sez. Prevenzione e Sicurezza, in vigilfuoco.it, a cura del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, url: https://www.vigilfuoco.it/aspx/home.aspx  .
  • Tutela della salute e della sicurezza sul lavoro – Quadro normativo, in leg16.camera.it, a cura del Parlamento della Repubblica Italiana,url: https://leg16.camera.it/561?appro=784#paragrafo3624 .
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