Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare l’esperienza di navigazione e per consentire ai navigatori di usufruire di tutti i servizi online. Per maggiori informazioni consulta l’informativa sulla privacy e sull’utilizzo dei cookie. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o continuando la navigazione in altro modo acconsenti all’uso dei cookie.

Igiene, una storia che vien da lontano

Nelle volte precedenti abbiamo introdotto la nozione di igiene, intimamente interrelato con quello di salute e tutela della risorsa idrica. Ora diamo al lettore alcuni approfondimenti sul legame fra l’igiene e le azioni per combattere le malattie, in cui si intrecciano anche storia, cultura, arte e letteratura.

 

L’igiene nell’ambiente animale

Molto spesso tendiamo a considerare l’igiene come un fattore relativo solo e solamente alla sfera privata, ovvero una peculiarità tipica dell’essere umano.

In realtà pregiata letteratura ha evidenziato che i comportamenti igienici, cioè in generale quelle pratiche messe in atto per evitare il contatto con esseri nocivi o eliminarli ai fini della propria preservazione, sono già riscontrabili nelle prime forme di vita che si svilupparono sulla Terra miliardi di anni fa.

A questo proposito dunque si ipotizza che i primi organismi unicellulari in evoluzione fossero delle “ottime scelte” per altri organismi parassiti, per scopi che andavano dal riparo all’aiuto riproduttivo; fino all’utilizzo come risorse di consumo.

Pertanto con l’avvento di questi patogeni, gli organismi unicellulari in parola svilupparono meccanismi di difesa adeguati, come ad esempio delle strutture capsulari. Tutto ciò ricorda molto da vicino il comportamento dei batteriofagi, o semplicemente fagi, ovvero dei tipi di virus parassiti dei batteri.

Il fago può agire secondo due modalità, in base a quale tipo di rapporto instaura con la cellula batterica sua ospite:

  • Batteriofagi virulenti, che danno origine ad una infezione litica (o ciclo litico), dove il fago dopo aver aderito al batterio inserisce dentro di esso il proprio DNA, che viene digerito.

Sfruttando poi il meccanismo riproduttivo della cellula ospite vengono creati nuovi DNA virali, che la cellula ospite trascrive e traduce in proteine virali. A questo punto, vengono assemblati nuovi fagi, che fuoriescono dal batterio in modo distruttivo, disintegrandolo (lisi);

  • Batteriofagi temperati, che avviano un ciclo lisogeno, nel quale il fago dopo essersi legato al batterio rilascia sempre il DNA, ma quest’ultimo si integra con quello del batterio stesso dando forma ad un cosiddetto profago non infettivo. La cellula non viene distrutta, anzi è presente una relazione abbastanza stabile, sopravvivendo all’infezione; i batteri così creati vengono chiamati lisogeni.

Una connotazione certamente più forte e coerente con il concetto di igiene come “serie di comportamenti o azioni atti ad evitare la malattia” la ritroviamo analizzando gli organismi multicellulari ed in generale gli animali.

Portiamo come esempio in dote il minuscolo nematode Caenorhabditis elegans, il quale con poco più di 300 neuroni distingue la forma innocua e quella patogena del Bacillus thuringiensis, ed aggira efficacemente quest’ultima variante.

Ed ancora, i girini di rana toro (chiamata anche rana bue, Lithobates catesbeianus) evitano gli altri esemplari che soffrono di candidosi, ed anche le aragoste scostano altre aragoste con infezioni virali. Allo stesso modo, il coregone (o lavarello, appartenente al genere Coregonus) ha sviluppato meccanismi per rilevare e reagire alla presenza del Pseudomonas fluorescens, un virulento parassita delle uova.

Condotte igieniche di vario tipo sono state osservate nelle formiche, nei pipistrelli, negli scimpanzé e negli uccelli, nonché nelle pecore, nelle renne e nei caribù.

Ovviamente nessun essere umano ha insegnato loro tutto ciò, dunque l’unica direttrice che ha contribuito allo sviluppo di queste pratiche d’igiene è stata l’evoluzione, il cui meccanismo chiave è la selezione naturale.

Gli animali che avevano maggior bravura nel mettere in atto iniziative igieniche deputate all’eliminazione dei parassiti trasmettevano i geni “igienici” più adatti e funzionali alla sopravvivenza; così facendo, queste azioni venivano innestate poi nel repertorio comportamentale degli animali, proprio come ad esempio gli atteggiamenti di “fuga” o “congelamento” compiuti per rispondere alle minacce dei predatori.

 

L’uomo e l’igiene

L’Uomo non si sottrae, con gli ovvi distinguo, ai meccanismi summenzionati. Sono stati accertati comportamenti tendenti alla conservazione dell’igiene fin dai tempi preistorici, poi commisurati successivamente in determinati dettami morali e religiosi, codificazioni sociali e teorie scientifiche dei più disparati tipi, come i rituali di purificazione, la teoria miasmatica, quelle degli zimotici e dei germi.

Ad esempio, nelle Leggi di Manu, codice giuridico hindu che esplicita alcune regole sul buon vivere, sono affermati 12 impurità emanati dal corpo da evitare accuratamente:

“Essudazioni oleose, sperma, sangue, urina, feci, mucose del naso, cerume, catarro, lacrime, muchi degli occhi e sudore …”

Ma anche nella Bibbia ritroviamo chiari riferimenti all’igiene, correlando la pulizia alla purezza del moralmente giusto: “Lavami dalla mia colpa, purificami dal mio peccato” (Salmi 51:2)

Una vera (per allora) rivoluzione nel campo igienico la si ritrova successivamente nella già citata teoria miasmatica, che dalla cultura greca è transitata attraverso Galeno fino ad arrivare all’epoca medioevale:

“… vapori cattivi, putridi e velenosi provenienti da altrove: da paludi, laghi e voragini, per esempio, e anche (cosa ancora più pericolosa) da cadaveri insepolti o incombusti – che potrebbero essere stati una causa dell’epidemia…” Rapporto sulla causa della peste, Facoltà di medicina dell’Università di Parigi, 1348.

Non solo, questo impianto concettuale inaugurato principalmente da Ippocrate di Coo (Isola di Coo, 460 a.C. ca. – 370 a.C. ca.) è proseguito pure fino al XIX secolo,

“Malattia causata da …impurità atmosferiche prodotte dalla decomposizione di sostanze animali e vegetali, dall’umidità e dalla sporcizia, e da abitazioni chiuse e sovraffollate.” Rapporto sulle condizioni sanitarie della popolazione lavorativa della Gran Bretagna di Edwin Chadwick, 1842.

Dopodiché i progressi scientifici fecero sì che si sviluppassero atteggiamenti moderni verso l’igiene, con le ricerche di  Antony van Leeuwenhoek (Delft 1632 – ivi 1723), Robert Koch (Clausthal, Hannover, 1843 – Baden-Baden 1910) e Louis Pasteur (Dôle 1822 – Villeneuve l’Étang, Seine-et-Oise, 1895), nonché del contributo encomiabile di Florence Nightingale (Firenze 1820 – Londra 1910) e di Mary Seacole (Kington, Jamaica, 1805 – Londra, 1881)

Comunque sia, alcuni studi corroborano che negli essere umani gran parte delle risposte messe in gioco per evitare il contatto con gli agenti infettanti sono strettamente collegate con la sensazione di disgusto.

È un interessante prospettiva, che, dettagliando, non considera l’igiene ed il disgusto stesso come un prodotto culturale, ma anzi è precedente ad esso. Pertanto, il disgusto sarebbe un meccanismo evolutivo, un “sistema immunitario comportamentale”, in costante dinamicità ed ad attività.

Qui dunque entriamo nell’affascinante campo della psicologia e dell’antropologia, troppo vasto per essere esaurito in poche pagine.

 

Il colera a Londra

Riprendendo il profilo imposto dai precedenti contributi, e fatta salva questa digressione appena menzionata nei paragrafi precedenti, possiamo prendere un esempio (fra i molti) di come una cattiva gestione delle acque pubbliche possa influire sulla diffusione delle malattie.

Un buon esempio sono le epidemie di colera originatesi nel subcontinente indiano a cavallo fra il 1817 ed il 1923, e diffuse in Europa e Nord America tramite i mezzi di trasporto sempre più veloci ed efficienti.

Il colera colpì duramente Mosca e Parigi, intorno agli anni ’30 di questo secolo, ma anche la città di Londra non venne risparmiata. Più precisamente, tra il 1848 ed il 1854 la capitale britannica venne interessata dal Vibrio colera in modo devastante; così cita il giornalista Henry Mayhew (1812- 1887) sul Morning Chronicle del 24 settembre 1849:

“Al n.1 di questa strada il colera è comparso per la prima volta 17 anni fa, e si diffuse con spaventosa virulenza; ma quest’anno è apparso all’estremità opposta, e la percorre con simile severità …”

Ed ancora,

“Mentre passavamo lungo le rive puzzolenti della fogna, il sole splendeva su una uno stretto lembo d’acqua. Alla luce intensa appariva del colore del tè verde forte, e all’ombra sembrava solida come il marmo nero, anzi era più simile a un fango acquoso che a un’acqua fangosa; eppure ci fu assicurato che questa era l’unica acqua che gli miseri abitanti avevano da bere.”

È un estratto dell’articolo “A visit to the cholera districts of Bermondsey”, che trova anche supporto nei romanzi sociali di Charles Dickens (Landport, Portsea, 1812 – Gadshill Rochester 1870). Nel dettagliato articolo presentato, Mayhew puntualizza ulteriormente la situazione di Jacob’s Island, altro quartiere della capitale britannica da lui soprannominato “la Jessore londinese”; il chiaro riferimento è rivolto nei confronti della città del Bangladesh da cui si presume abbia avuto origine la prima rilevante pandemia di colera di quel secolo, nel 1817.

Nel dettaglio, si descrive la situazione in questi termini:

“Qui si trova, per così dire, la vera e propria capitale del colera, la Jessore di Londra – Jacob’s Island, un pezzo di terra isolato dalle fogne comuni. Risparmiata dall’incendio di Londra, le case e le comodità degli abitanti di questo luogo disgustoso non hanno conosciuto quasi nessun miglioramento da allora. Il luogo è indietro di un secolo rispetto ai quartieri bassi e squallidi che lo circondano”.

Descrivendo ulteriormente i cambiamenti avvenuti nel tempo in quella zona, continua ulteriormente in questa maniera, esponendo le qualità dell’aria e dell’acqua. Aria viziata che assumeva “letteralmente l’odore di cimitero”, ed acqua che:

“è coperta da una melma quasi simile a una ragnatela, e prismatica di grasso. In essa galleggiano grandi masse di erbaccia verde in decomposizione, e contro i pali dei ponti ci sono carcasse gonfie di animali morti, che quasi scoppiano per i gas della putrefazione”.

Tutto questo, come comprensibile, non denota a favore di un quadro edificante, tenendo conto anche delle stime di mortalità di quell’estate del 1849, quantificate in almeno 12.800 morti. Era il lato oscuro di un’enorme espansione cittadina, in piena rivoluzione industriale.

Il lavoro di John Snow

John Snow (York, 1813 – Londra, 1858) , ostetrico ed anestesista britannico, fu diretto testimone degli eventi di quell’anno e contribuì ad attribuire le cause dell’insorgere del colera alle acque contaminate del Tamigi.

Da agosto al settembre del 1854 a Soho, nei pressi di Broad Street, Snow conteggiò 600 morti in 10 giorni per il colera fra gli abitanti che si rifornivano alla vicinissima pompa dell’acqua. Notò anche un ulteriore dettaglio: i lavoratori di un birrificio locale e gli occupanti della casa dei poveri, che si rifornivano entrambi da pozzi locali, non vennero colpiti dal colera.

Scrive ancora nella sua relazione On the Mode of Communication of Cholera (Sulle modalità di trasmissione del colera, 1854):

“La più terribile epidemia di colera… si è verificata (a Londra) in Broad Street, Golden Square e nelle strade adiacenti, poche settimane fa… ci sono stati più di cinquecento attacchi mortali di colera in dieci giorni. La mortalità … probabilmente è uguale a quella mai causata in questo paese, anche dalla peste; ed è stato molto più improvviso, … La mortalità sarebbe stata indubbiamente molto maggiore se non fosse stato per la fuga della popolazione … in meno di sei giorni … le strade più afflitte erano deserte da più di tre quarti dei loro abitanti “.

“Ci sono stati alcuni casi di colera nel quartiere di Broad Street, Golden Square, nella seconda parte di agosto; e la cosiddetta epidemia che ebbe inizio nella notte tra il 31 agosto e il 1 settembre, fu, in tutti i casi simili, solo un violento aumento della malattia. Sospettavo una contaminazione dell’acqua della tanto frequentata pompa di Broad Street… ma esaminando l’acqua. Vi ho trovato così poca impurità di natura organica… Ho chiesto… di fare un elenco, presso l’Anagrafe Generale, delle morti di colera, registrate durante la settimana terminata il 2 settembre… Ottantanove morti di colera sono state registrate durante il settimana, nei tre sottodistretti”.

“Ho scoperto che quasi tutti i decessi erano avvenuti a breve distanza dalla pompa… Per quanto riguarda i decessi… ci sono stati sessantuno casi in cui sono stato informato che le persone decedute bevevano l’acqua di Broad Street, o costantemente o saltuariamente …”

“La Workhouse in Poland Street è circondato per più di tre quarti da case in cui si sono verificati decessi per colera, eppure su cinquecentotrentacinque detenuti, solo cinque sono morti di colera … La Workhouse ha un pozzo di pompaggio nei locali, a oltre alla fornitura dall’acquedotto di Grand Junction, e i detenuti non sono mai stati inviati a Broad Street per l’acqua. Se la mortalità nella Workhouse fosse stata uguale a quella nelle strade immediatamente circostanti… più di cento persone sarebbero morte.

“C’è un birrificio in Broad Street, vicino alla pompa, e… nessun birraio è stato registrato come morto di colera,… su settanta operai impiegati nel birrificio, nessuno di loro aveva sofferto di colera… all’epoca in cui prevalse la malattia. Gli uomini … non bevono affatto acqua …. C’è un pozzo profondo nel birrificio, oltre all’acqua del New River.

“Il risultato dell’inchiesta è stato quindi che non vi è stata alcuna particolare epidemia o aumento del colera, in questa parte di Londra, eccetto tra le persone che avevano l’abitudine di bere l’acqua del suddetto pozzo della pompa. Ho avuto un colloquio con il Consiglio dei Guardiani della parrocchia di St. James, … il manico della pompa è stato rimosso il giorno seguente.”

La scelta di rimuovere il manico della pompa produsse dunque la cessazione dei casi di colera, comunque già in declino come notato da Snow stesso.

La storia non finisce qui, e già dopo poche settimane nuovi focolai destarono preoccupazione. L’acqua contaminata era l’indiziata maggiore, e più precisamente Snow analizzò due fonti di approvvigionamento idrico che si sovrapponevano, ma erano gestite da due distinte società idriche: la Lambeth Company e la Southwark e Vauxhall.

La prima compagnia aveva stabilito la presa d’acqua in una zona a monte del Tamigi, in una zona soggetta ad un minor inquinamento. La seconda invece captava le sue risorse idriche in una parte del fiume fortemente inquinata dalle acque reflue.

Incrociando per ogni società il numero di case fornite ed il numero degli abitanti morti per colera, venne prodotta questa importante statistica:

 

Le case fornite dalla Southwark e dalla Vauxhall Water Company erano perciò colpite da alti tassi di mortalità per colera, mentre le case adiacenti fornite dalla Lambeth Company avevano tassi inferiori rispetto al resto di Londra. Ciò ha fornito un schiacciante supporto epidemiologico alla sua ipotesi che la fonte dell’epidemia di colera fosse l’acqua contaminata del Tamigi, distribuita nelle case in una vasta area del sud di Londra.

Un risultato davvero importante, ma che però non fermò la disastrosa situazione sanitaria londinese, culminata quattro anni dopo nel fenomeno della “Grande Puzza” (The Great Stink).

 

Bibliografia ed approfondimenti

 

  • Curtis VA. A natural history of hygiene. Can J Infect Dis Med Microbiol. 2007 Jan;18(1):11-4. doi: 10.1155/2007/749190. PMID: 18923689; PMCID: PMC2542893.
  • Curtis VA. Dirt, disgust and disease: a natural history of hygiene. J Epidemiol Community Health. 2007 Aug;61(8):660-4. doi: 10.1136/jech.2007.062380. PMID: 17630362; PMCID: PMC2652987.
  • Tulchinsky TH, Varavikova EA. A History of Public Health. The New Public Health. 2014:1–42. doi: 10.1016/B978-0-12-415766-8.00001-X. Epub 2014 Oct 10. PMCID: PMC7170188.
  • Curtis V, de Barra M. The structure and function of pathogen disgust. Philos Trans R Soc Lond B Biol Sci. 2018 Jul 19;373(1751):20170208. doi: 10.1098/rstb.2017.0208. PMID: 29866921; PMCID: PMC6000136.
  • Curtis V, de Barra M, Aunger R. Disgust as an adaptive system for disease avoidance behaviour. Philos Trans R Soc Lond B Biol Sci. 2011 Feb 12;366(1563):389-401. doi: 10.1098/rstb.2010.0117. Erratum in: Philos Trans R Soc Lond B Biol Sci. 2011 Apr 27;366(1568):1320. PMID: 21199843; PMCID: PMC3013466.
  • Curtis VA. Infection-avoidance behaviour in humans and other animals. Trends Immunol. 2014 Oct;35(10):457-64. doi: 10.1016/j.it.2014.08.006. Epub 2014 Sep 22. PMID: 25256957.
  • Curtis V, Biran A. Dirt, disgust, and disease. Is hygiene in our genes? Perspect Biol Med. 2001 Winter;44(1):17-31. doi: 10.1353/pbm.2001.0001. PMID: 11253302.
  • Biologia e microbiologia sanitaria di Eudes Lanciotti. Zanichelli Editore SpA, 2012.
  • Saverio Forestiero, voce Caenorhabditis elegans,in Enciclopedia della Scienza e della Tecnica, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 2008.
  • Ibrahim MA, Griko N, Junker M, Bulla LA. Bacillus thuringiensis: a genomics and proteomics perspective. Bioeng Bugs. 2010 Jan-Feb;1(1):31-50. doi: 10.4161/bbug.1.1.10519. PMID: 21327125; PMCID: PMC3035146.
  • Gilberto Corbellini, voce Ippocrate, in Dizionario di Medicina, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 2010.
  • A.A. V.V. voce Leeuwenhoek, Antony van, in Enciclopedia on line, Istituto dell’Enciclopedia Italiana.
  • Chiara Preti, voce Koch, Robert, in Dizionario di Medicina, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 2010.
  • A.A. V.V. voce Pasteur, Louis, in Dizionario di Medicina, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 2010.
  • A. A. V. V. voce Nightingale, Florence, in Enciclopedia on line, Istituto dell’Enciclopedia Italiana.
  • Britannica, T. Editors of Encyclopaedia. “Mary Seacole.” Encyclopedia Britannica, March 25, 2023. https://www.britannica.com/biography/Mary-Seacole.
  • Nunes, Everardo. (2012). Henry Mayhew: Journalist, social investigator, and foreshadower of qualitative research. Historia, ciencias, saude–Manguinhos. 19. 933-950. 10.1590/S0104-59702012000300009.

 

Condividi su: