Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare l’esperienza di navigazione e per consentire ai navigatori di usufruire di tutti i servizi online. Per maggiori informazioni consulta l’informativa sulla privacy e sull’utilizzo dei cookie. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o continuando la navigazione in altro modo acconsenti all’uso dei cookie.

L’amianto nella storia e nella letteratura

In precedenza abbiamo esaminato l’asbesto (il familiare amianto) sotto alcuni profili d’interesse. Come già accennato, in Europa ed Italia la produzione, l’uso e la commercializzazione dell’amianto hanno subito una battuta d’arresto da decenni ormai, ma in altri Paesi del mondo l’estrazione e l’importazione di rocce amiantifere continua.

Seppur in sordina rispetto ad altre merci di rilevanza strategica come il petrolio, il gas naturale ed altre commodieties, il commercio e la gestione dell’amianto molto spesso vengo utilizzate nello scacchiere mondiale come “pedina” di scambio in ottica geopolitica.

Pertanto il problema asbesto nel mondo non è risolto, ma è stato solo spostato da Paesi più industrializzati verso quelli in via di sviluppo, oppure con economie deboli.

La produzione mondiale mineraria di amianto ammontava a circa due milioni di tonnellate all’anno fino al 2015. Dopodiché dal 2016 in poi, fino ad arrivare agli ultimissimi anni, questa quantità è scesa a circa 1,1 – 1,3 milioni di tonnellate annue.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità riferisce che 125 milioni di persone in tutto il mondo sono esposte all’amianto sul posto di lavoro, con più di 250.000 persone morte per malattie legate all’esposizione all’amianto ogni anno. La produzione di asbesto del tipo anfiboli è quasi cessata in tutto il mondo, e dunque la grandissima parte dell’amianto attualmente gestito è di genere crisotilo.

Al 2022, il maggior produttore mondiale di asbesto è la Federazione Russa, con una cospicua produzione che si aggira intorno alle 700.000 tonnellate, in evidente prevalenza rispetto al secondo in classifica, il Kazakhstan (230.000 tonnellate all’incirca). Seguono a stretto giro, rispettivamente in terza e quarta posizione, il Brasile e la Cina (l’una con 190.000 ton. e l’altra con 130.000 ton.).

Anche lo Zimbabwe ha fornito il suo contributo nelle statistiche mondiali, ma attualmente la sua produzione,  anche a causa delle complesse vicende politico-economiche che hanno colpito il Paese negli ultimi anni, è difficilmente valutabile con certezza (stimata in 10.000 ton. nel 2021).

Di converso, il consumo mondiale di amianto nel 2021 ha visto l’Asia e il Medio Oriente come principali attori, con circa 1,25 milioni di tonnellate di asbesto utilizzato. L’America centrale e settentrionale, invece, hanno consumato complessivamente “solo” 1.820 tonnellate d’amianto. Nel mezzo, troviamo in seconda posizione l’Europa con 12.500 tonnellate seguita da Africa (10.100 ton.) e Sud America (4.560 ton.).

I materiali amiantiferi sono conosciuti e utilizzati fin dall’antichità, come dimostrato da innumerevoli ritrovamenti archeologici e testimonianze scritte, ma solo a partire dalla fine del XIX secolo sono sfruttati commercialmente ed industrialmente.

Alcune fonti antiche sull’amianto

 

Plinio il Vecchio

Grazie alle sue proprietà di flessibilità e di filabilità viene menzionato dallo scrittore latino Plinio il Vecchio (Como 23 d.C. – Stabia 79 d.C.). Caio Plinio Secondo, soprannominato come in precedenza per distinguerlo dal nipote Plinio il Giovane (Novum Comum, 61-62 d.C. – Bitinia o Roma 114 d.C. c.a.) lo definì “lino vivo”, attraverso il termine ασβεστινον (asbetinon).

Un materiale non combustibile che subiva dunque la “purificazione” dal fuoco assumendo un colore bianco, e perciò utilizzato come materia prima per fabbricare i sudari usati nei processi di cremazione dei membri delle famiglie reali, per non contaminarne le ceneri.

È un contrappasso abbastanza curioso quello appena descritto, poiché Plinio il Vecchio morirà nella famosa eruzione del Vesuvio del 79 d.C. che distrusse come noto Pompei ed altre città limitrofe (Ercolano, Stabia e Oplontis).

Nella sua importantissima Naturalis Historia (77-78 d.C.), archetipo delle prime enciclopedie le cui informazioni sono distribuite in 37 libri, è descritta inoltre un’altra curiosità relativa all’amianto: un panno composto da questa sostanza veniva avvolto intorno ai tronchi degli alberi per attutire i rumori della caduta mentre venivano abbattuti.

Dunque già nell’antichità erano apprezzate le qualità fonoassorbenti dell’asbesto, ma non è certo che in Plinio conoscesse perfettamente l’origine geologica dell’amianto.

In un caso infatti, ipotizza la genesi vegetale dei tessuti composti con questa materia, alludendo ad una pianta che cresceva nei deserti ed intorno alle regioni dell’India.

Nelle sue lettere inoltre, Plinio già consiglia ad un suo conoscente di “non comprare schiavi che abbiano lavorato nelle miniere di amianto perché muoiono giovani”: una chiara dimostrazione di malattia professionale ante litteram.

 

La testimonianza di altri autori.

Anche altri autori descrivono l’amianto e le sue particolari proprietà, come ad esempio Pausania che lo definisce “lino di Karpas”, dalla località greca dove si trovava il sito estrattivo.

Teofrasto descrive dettagliatamente il minerale “asbesto” nel seguente stralcio: “una pietra che esternamente in qualche modo assomiglia al legno, che sembra bruciare se vi è stato versato sopra dell’olio, ma cessa quando quest’ultimo si è consumato, come se non potesse essere attaccata dal fuoco.”

Nell’Alto Medioevo, questa proprietà ignifuga veniva associata ad un altro animale che si credeva avesse le medesime caratteristiche, ovvero la salamandra.

Non a caso, Marco Polo (Venezia, 1254 – ivi, 1324) nel suo celebre resoconto di viaggio Il Milione (c.a. 1298) dettato al suo compagno di cella Rustichello da Pisa, descrive infatti un certo “telo di salamandra” per dar contezza dell’amianto:

“Ogniqualvolta questi teli di salamandra appaiono macchiati, vengono gettati e lasciati per un po’ nel fuoco, dove non si bruciano né si danneggiano, ma diventano bianchi come la neve.”

Nelle sue cronache – risalenti al XIII secolo – il veneziano cita anche i metodi di estrazione così come pure alcuni luoghi, fra cui quelli che attualmente formano la regione del Sinkiang Uighur, provincia autonoma nel Nord-Ovest della Repubblica popolare Cinese, posta a Sud di Kazakistan e Mongolia.

“Accanto al distretto di Kamul segue quello di Chinchitalas, che nella sua parte settentrionale confina con il deserto, ed è lungo sedici giorni di viaggio. È soggetto al Gran Khan e contiene città e diversi luoghi.[…] Si trova anche una sostanza della natura della salamandra, intessuto in stoffa, che quando gettato nel fuoco, rimane incombustibile. Il seguente modo di prepararlo l’ho imparato da uno dei miei compagni di viaggio di nome Curficar, un turcomanno molto intelligente, che ebbe per tre anni la direzione delle operazioni minerarie della provincia. La sostanza fossile estratta dalla montagna consiste di fibre non dissimili da quelle della lana.[…] Della salamandra sotto la forma di serpente, che si supponeva esistesse nel fuoco, non avrei mai potuto scoprirne eventuali tracce nelle regioni orientali. Si dice che si conservi a Roma un tovagliolo tessuto da questo materiale, in cui era avvolto il sudario di nostro Signore, mandato in dono da uno dei principi tartari al Romano Pontefice”.

In ultima battuta, possiamo nominare a titolo di esempio anche Benjamin Franklin (Boston, 1706 – Philadelphia, 1790), patriota Padre Fondatore americano ma pure saggista e scienziato, il quale usò il termine “cotone di salamandra” riferendosi all’asbesto.

 

L’amianto nella storia e nella letteratura italiana

L’asbesto è un protagonista anche nella letteratura italiana del secondo Novecento, ad opera di due giganti di quel periodo: Primo Levi e Italo Calvino.

Entrambi, in contesti differenti, sono legati ad un particolare luogo situato in provincia di Torino: l’Amiantifera di Balangero. La cava sorge nei pressi del monte San Vittore a cavallo dei territori comunali di Balangero e di Corio, a circa 30 chilometri dal capoluogo di provincia.

È stata sicuramente il più importante giacimento d’amianto italiano e fra le primissime posizioni in Europa, le cui origini risalgono agli inizi del ‘900 con la scoperta da parte del Commendatore Callisto Cornut dell’allora prezioso materiale. Nei successivi anni vennero dapprima eseguiti i necessari studi geologici, che vennero presi in considerazione dalla ditta Lavelli di Milano nella decisione di mettere a frutto la miniera per estrarre un crisotilo di discreta qualità, tale da far concorrenza ai prodotti di origine russa e canadese.

I lavori vennero avviati effettivamente nel 1921 e continuarono per decenni, fino alla cessazione delle attività nel 1990 a seguito del fallimento della società concessionaria. Oggi l’Amiantifera è un cosiddetto Sito di Interesse Nazionale (SIN), che copre circa 310 ettari di territorio.

Primo Levi (Torino,  1919 – ivi 1987),  scrittore e partigiano italiano, in virtù della sua freschissima laurea in chimica, nel novembre del 1941 iniziò a lavorare presso la cava: il suo compito era la ricerca di un metodo di estrazione del nichel dalle rocce amiantifere del luogo. Più precisamente:

“Il lavoro che mi propose era misterioso e pieno di fascino. “In qualche luogo” c’era una miniera, dalla quale si ricavava il 2 per cento di qualcosa di utile (non mi disse che cosa) ed il 98 per cento di sterile, che veniva scaricato in una valle accanto. In questo sterile c’era del nichel: pochissimo, ma il suo prezzo era talmente alto che il suo recupero poteva essere preso in considerazione.”

Questo stralcio è ripreso giust’appunto dal racconto autobiografico “Nichel”, contenuto nel libro “Il Sistema Periodico”.

Il nome della cava non viene mai menzionata esplicitamente, ma essa viene efficacemente descritta dalle seguenti parole, più simili ad un passaggio dantesco:

“Anche quella miniera aveva una sua magia, un suo incanto selvaggio. In una collina tozza e brulla, tutta scheggioni e sterpi, si affondava una ciclopica voragine conica, un cratere artificiale, del diametro di quattrocento metri: era in tutto simile alle rappresentazioni schematiche dell’Inferno, nelle tavole sinottiche della Divina Commedia. Lungo i gironi, giorno per giorno, si facevano esplodere le volate delle mine: la pendenza delle pareti del cono era la minima indispensabile perché il materiale smosso rotolasse fino al fondo, ma senza acquistare troppo impeto. Al fondo, al posto di Lucifero, stava una poderosa chiusura a saracinesca; sotto a questa, era un breve pozzo verticale che immetteva in una lunga galleria orizzontale; questa, a sua volta, sboccava all’aria libera sul fianco della collina, a monte dello stabilimento. Nella galleria faceva la spola un treno blindato: una locomotiva piccola ma potente presentava i vagoni uno per uno sotto la saracinesca affinché si riempissero, poi li trascinava a riveder le stelle.”

L’autore di “Se questo è un uomo” e “La tregua” non esaurisce la sua vena descrittiva di fatti e di luoghi con questi due racconti, e prosegue speditamente nel raccontare da una parte i processi produttivi adottati, e dall’altra le profonde modificazioni ambientali e le problematiche della gestione dell’amianto:

“Anno dopo anno, la valle si andava riempiendo di una lenta valanga di polvere e ghiaia. L’amianto che ancora vi era contenuto rendeva la massa leggermente scorrevole, pigramente pastosa, come un ghiacciaio: l’enorme lingua grigia, punteggiata di macigni nerastri, incedeva verso il basso laboriosamente, ponderosamente, di qualche decina di metri all’anno; esercitava sulle pareti della valle una pressione tale da provocare profonde crepe trasversali nella roccia; spostava di centimetri all’anno alcuni edifici costruiti troppo in basso. In uno di questi, detto “il sottomarino” appunto per la sua silenziosa deriva, abitavo io.”

Ed ancora,

 “C’era amianto dappertutto, come una neve cenerina: se si lasciava per qualche ora un libro su di un tavolo, e poi lo si toglieva, se ne trovava il profilo in negativo; i tetti erano coperti da uno spesso strato di polverino, che nei giorni di pioggia si imbeveva come una spugna, e ad un tratto franava violentemente a terra.”

Successivamente nel 1954, Italo Calvino (Santiago de Las Vegas de La Habana, 1923 – Siena, 1985) cronista in quei tempi del quotidiano “L’Unità”  produsse un lungo editoriale intitolato “La fabbrica nella montagna”su uno sciopero di 40 giorni avvenuto nell’Amiantifera; la causa fu una vertenza del premio di produzione da parte della dirigenza ai fini di riduzione dei costi di gestione.

Nello stesso periodo, anche il meno noto giornalista Franco Bertone, sulla “Battaglia Democratica” di Torino, nell’ottobre 1949  menziona un passaggio significativo della storia della miniera:

” … ma dove ho visto tante pietre squadrate come queste, dei muri così grigi e pieni di polvere? Ah ecco, a Mathausen. Pietre grigie e polvere, polvere dappertutto.”

 

Bibliografia ed approfondimenti

 

  • Global mine production of asbestos 2010-2022, in statista.com, pubblicato da Garside M. in data 16 febbraio 2023,  https://www.statista.com/statistics/264924/world-mine-production-of-asbestos-since-2007/ .
  • Leading asbestos mining countries worldwide 2022, in statista.com, pubblicato da Garside M. in data 16 febbraio 2023,  https://www.statista.com/statistics/264923/world-mine-production-of-asbestos/ .
  • Asbestos Statistics and Information, in usgs.com, United States Geological Survey (Istituto Geologico degli Stati Uniti d’America), pubblicato a cura del National Minerals Information Center  , https://www.usgs.gov/centers/national-minerals-information-center/asbestos-statistics-and-information  .
  • Asbestos consumption worldwide by region 2021, in statista.com, pubblicato da Garside M. in data 15 dicembre 2022   https://www.statista.com/statistics/797533/regional-consumption-of-asbestos-worldwide/#statisticContainer  .
  • Carnevale, Francesco.(2007). Asbestos: a long lasting tragedy. Useful considerations for a historical reconstruction of the most remarkable facts. Epidemiologia e prevenzione. 31. 53-74.
  • Bahk, Jinwook & Choi, Yeyong & Lim, Sinye & Paek, Domyung. (2013). Why some, but not all, countries have banned asbestos. International journal of occupational and environmental health. 19. 127-135. 10.1179/2049396712Y.0000000011.
  • Pira, Enrico & Donato, Francesca & Maida, Luisa & Discalzi, Gianluigi. (2018). Exposure to asbestos: Past, present and future. Journal of Thoracic Disease. 10. S237-S245. 10.21037/jtd.2017.10.126.
  • Lia, Michela & Crivellari, Stefania & Angelis, Antonina & Laface, Rosa & Ugo, Francesca & Maconi, Antonio & Grosso, Federica. (2019). Asbestos ban: what is the worldwide current situation?. Working Paper of Public Health. 7. 10.4081/wpph.2019.9218.
  • Marinaccio, Alessandro & Gariazzo, Claudio & Gasparrini, Antonio. (2023). ORIGINAL RESEARCH CORRESPONDING AUTHOR: Asbestos Consumption and Malignant Mesothelioma Mortality Trends in the Major User Countries. Annals of Global Health. 89. 1-11. 10.5334/aogh.4012.
  • L’amianto: dall’ambiente di lavoro all’ambiente di vita. Nuovi indicatori per futuri effetti. A cura di C. MINOIA, G. SCANSETTI, G. PIOLATTO, A. MASSOLA. Fondazione Salvatore Maugeri, IRCCS, Pavia 1997.
  • Amianto naturale in Piemonte. Cronistoria delle concessioni e dei permessi di ricerca mineraria. A.A.V.V. a cura di Arpa (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) del Piemonte), 2008. ISBN: 978-88-7479-069-3.
  • Levi P., Il sistema periodico, introduzione di Natalia Ginzburg, Milano, Einaudi scuola (“Letture per la scuola media” n. 52), 1975.
  • Calvino Italo, La fabbrica nella montagna, “L’Unità” del 28 febbraio 1954.
Condividi su: