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Un po’ di chimica degli inquinanti atmosferici parte 1

Nei contributi precedenti abbiamo fornito un parziale elenco delle principali sostanze che inquinano la nostra atmosfera, alterandone la qualità dell’aria presente in essa. In linea generale, alcuni composti inquinanti sono principalmente sottoprodotti di processi produttivi, oppure derivano dal trattamento dei rifiuti.

In altri casi invece, un inquinante atmosferico potrebbe essere allo stesso tempo anche un importante prodotto finito o materia prima strategici a livello economico e geopolitico.

Dunque sarebbe opportuno dare la giusta “sintesi” fra necessità di ridurre l’inquinamento stesso ed al contempo garantire una produzione industriale di qualità ed il meno impattante possibile.

Abbiamo visto come questo atteggiamento viene efficacemente perpetrato nelle filosofie dell’ingegneria e della chimica verde, a cui è possibile associare le istanze portate avanti dalla merceologia, ovvero la materia che studia le proprietà e le caratteristiche d’uso di varie tipologie di merci (alimenti, fibre tessili, coloranti, fertilizzanti, pellami, materie plastiche, prodotti chimici, ecc.).

La merceologia è un campo multidisciplinare, che coinvolge anche la chimica, la fisica e l’economia, analizzando al contempo tutti gli aspetti utili relativi ad una determinata merce: metodi di estrazione e di produzione, stoccaggio, trasporto, imballaggio e utilizzi, informazioni commerciali e statistiche sulle importazioni, esportazioni e distribuzione geografica.

Dunque, arrivati a questo punto, diamo una primissima classificazione sistematica dei principali tipi di inquinanti atmosferici, ma che sono (o erano) al contempo delle merci.

 

Gli idrocarburi

Gli idrocarburi sono -in senso stretto- composti organici costituiti esclusivamente da carbonio (C) e idrogeno (H) e sono di gran lunga i componenti principali del petrolio greggio e dei suoi derivati (benzina, diesel, cherosene, olio combustibile e olio lubrificante), del gas naturale, delle paraffine, del catrame di carbone, del creosoto, dei coloranti e dei prodotti di scarto della pirolisi.

Essi assumono dunque, come comprensibile, una grandissima importanza storica, economica, geopolitica, scientifica, tecnologica e industriale: non a caso le industrie chimiche primarie e secondarie (fine, di specialità, parachimica) e quelle petrolchimiche, nonché i settori della plastica e della gomma, basano le loro fondamenta in questa tipologia di sostanze.

Gli idrocarburi sono essenzialmente i “mattoni” su cui viene costruita tutta la chimica organica, e da cui derivano altre famiglie di composti appartenenti a quest’ultima. Gli atomi di idrogeno infatti, posso essere rimossi e sostituiti da specifiche sezioni di molecole con elementi e strutture ben conosciute: i gruppi funzionali. Dunque in questo senso lato, gli idrocarburi possono essere costituiti anche da ossigeno (O), da elementi alogeni come fluoro (F), cloro (Cl), bromo (Br) e iodio (I), o da azoto (N), fosforo (P) o zolfo (S).

Gli idrocarburi, nell’atmosfera, si trovano generalmente in due tipi di forme correlate con la loro specifica volatilità, cioè la caratteristica di una sostanza chimica a passare dalla fase liquida o solida a quella aeriforme. Pertanto se l’idrocarburo è presente nell’aria in forma di particelle libere, è un composto organico volatile (VOC – volatile organic compounds); mentre se invece la pressione di vapore è sufficientemente bassa da consentire una distinzione fra fase gassosa e aerosol si parla propriamente di  composti organici semivolatili (SVOC – semi-volatile organic compounds).

Distinguiamo inoltre gli idrocarburi  in due grandi famiglie:

  •  alifatici :  dal termine greco ἄλειϕαρ –είϕατος «unguento» che possono essere distinti ulteriormente in aciclici (a catena aperta) o aliciclici (a catena chiusa ad anello);
  • aromatici (o areni): costituti da un anello del benzene C6H6  .

I principali idrocarburi che influiscono sulla qualità dell’aria sono il benzene, il toluene, lo xylene, l’etilbenzene, lo stirene, il butadiene, l’etano, il propano ed il metano, il naftalene ed in generale gli IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici).

 

Gli Alocarburi ed i gas fluorurati ad effetto serra (F-Gases)

Gli alocarburi , o idrocarburi alogenati, sono composti organici formati da uno o più atomi di carbonio (C) in cui alcuni o tutti gli atomi di idrogeno sono sostituiti da elementi chimici alogeni (gruppo 17 della tavola periodica), fra cui troviamo fluoro (F), cloro (Cl), bromo (Br) e iodio (I).

In particolare, fra di essi ritroviamo i gas fluorurati ad effetto serra , ovvero sostanze chimiche prodotte dall’uomo fra cui ricordiamo i clorofluorocarburi (CFC), gli idroclorofluorocarburi (HCFC), gli idrofluorocarburi (HFC), i perfluorocarburi (PFC), bromofluorocarburi e bromoclorofluorocarburi (detti anche halons), idrofluoroolefine (HFO) , idroclorofluoroolefine (HCFO), idrofluoroeteri (HFE).

Inoltre, è possibile inserire in questa lista altre sostanze chimiche che impattano in maniera rilevante sull’inquinamento atmosferico, e che appartengono allo stesso universo. Pertanto menzioniamo l’esafluoruro di zolfo (SF6), etere perfluoropolimetilisopropilico – PFPMIE (CF3OCF(CF3)CF2OCF2OCF3), trifluoruro di azoto (NF3) , trifluorometil pentafluoruro di zolfo (SF5CF3), perfluorociclopropano (c-C3F6).

L’uso di queste sostanze è strettamente controllato e per alcune vietato o ristretto, in ragione di due importanti fattori: il loro GWP (Global Warming Potential) ed ODP (Ozone Depletion Potential).

Il GWP è in sostanza  il potenziale di riscaldamento climatico globale di un gas a effetto serra in relazione a quello dell’anidride carbonica (CO2), calcolato in termini di potenziale di riscaldamento in 100 anni di un chilogrammo di un gas a effetto serra rispetto a un chilogrammo di CO2. Lo ODP invece è il potenziale di impoverimento dello strato di ozono stratosferico.

L’utilizzo commerciale ed industriale degli alocarburi e dei gas fluorurati in generale risale alla prima parte del ‘900, in sostituzione di altri elementi chimici che presentavano importanti pericoli di infiammabilità e tossicità.

I loro uso ha rivestito e tutt’ora riveste un ruolo essenziale nel campo della catena del freddo (refrigeranti) e negli impianti di condizionamento dell’aria, nelle pompe di calore, e nei sistemi antincendio; sono usati pure come agenti schiumogeni e solventi. A questo possiamo aggiungere anche un’importante ruolo nella produzione di aerosol spray e di isolanti, nonché nel settore delle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nel campo cosmetico e farmaceutico.

Menzioniamo a titolo di completezza altre industrie di pertinenza, come quella del magnesio e dell’alluminio; e nelle fabbricazione di quadri elettrici e semiconduttori.

 

Idrocarburi e Inquinanti Organici Persistenti (POPs)

Altri composti derivanti dagli idrocarburi sono inquadrabili come cosiddetti POPs, ovvero inquinanti organici persistenti (Persistent Organic Pollutants).

I POPs sono composti organici tossici difficilmente biodegradabili, che possono accumularsi nei tessuti di esseri umani e animali. Infatti, a vario titolo possiedo una notevole capacità alla degradazione di tipo chimico, biologica e fotolitica.

Dopo il loro rilascio, si diffondono a livello globale attraverso l’aria, l’acqua e la catena alimentare, provocando danni alla salute umana e all’ambiente anche a grande distanza dalla fonte di emissione. Possono ad esempio causare tumori, disfunzioni ormonali o compromettere la funzione riproduttiva.

Le loro fonti di emissioni sono principalmente di tipo antropogenico, ed i loro usi commerciali riguardano i pesticidi e gli insetticidi, la produzione di solventi, intermedi chimici e prodotti farmaceutici.

Come esempi di POPs possiamo citare i policlorurati bifenili (PCB), i polibromodifenileteri (PBDE),l’esaclorobenzene (HCB), le policlorodibenzodiossine (PCDD) – chiamate anche semplicemente “diossine” – ed i policlorodibenzofurani (PCDF) – denominati in breve “furani” -.

Continuando, fra i molti ricordiamo anche l’acido perfluorottano sulfonato e suoi derivati (PFOS), i naftaleni policlorurati (PCN),l’acido perfluoroottanoico, suoi sali e composti a esso correlati (PFOA), le paraffine clorurate a catena corta (SCPP),l’ 1,1,1-tricloro-2,2-bis(4-clorofenil)etano (ovvero il famoso DDT), il pentaclorobenzene e l’esaclorobutadiene, il toxafene.

I POPs sono generalmente semivolatili e caratterizzati da una bassa solubilità nell’acqua, ma abbastanza alta nei lipidi: dunque si accumulano , come detto, facilmente nei tessuti adiposi umani.

 

Metalli e inquinamento dell’aria

Anche i metalli sono una rilevante fonte di inquinamento atmosferico, specialmente quelli di tipo pesante. Premesso che non c’è al giorno d’oggi, una definizione univoca di metallo pesante, da migliore letteratura disponibile possiamo descrivere come metalli pesanti quelli che hanno una densità maggiore di 5 g/cm3.

Tra questi gli elementi più significativi a livello ecotossico sono il cadmio (Cd), il cobalto (Co), il cromo (Cr), il rame (Cu), il manganese (Mn), il molibdeno (Mo), il nichel (Ni), il piombo (Pb), lo stagno (Sn), lo zinco (Zn). In aggiunta a questo elenco nominiamo anche altri elementi chimici come l’arsenico (As), il platino (Pt), il vanadio (V) , il tallio (Tl).

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